giovedì 16 giugno 2016

Marco Scotini_estratto intervista


Il segno: il tratto dell’artista nel paesaggio



In breve, alla fine di questa intervista, se dovessi dire in poche parole o trasmettere in maniera immediata che cos’è il paesaggio, per l’uomo e per l’artista, così da trasmetterne la sua importanza, cosa proporresti?

In questo momento non è un caso che spesso siamo molto più attratti da forme di artisticità invisibile, non perché non sono un lavoro, ma perché ti aspettavi che il risultato fosse visibile e invece non lo è, perché operano dentro altri canali, dentro altri settori. Parimenti per il paesaggista intervenire dentro questo ecosistema, in cui ho l’animale, la pianta, la tecnologia, significa intervenire in un’altra situazione, con una modalità che chiaramente si sottrae immediatamente all’operazione del paesaggista com’è ora, che dà una forma, che si preoccupa della forma. Non a caso tutto il pathos del moderno è stato veramente la vertigine della forma, il formalismo, questa cosa per cui si cercavano i macro segni, la macro forma, poi ora abbiamo imparato che operare realmente è anche operare dentro a procedure non visibili, di invisibilità. Questo è quello che stanno facendo tanti immigrati nella realtà contemporanea, che da un certo punto di vista sono assolutamente invisibili mentre operano e producono.

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