venerdì 11 novembre 2016

Alberto Garutti_estratto intervista

L’intervento: l’arte come progetto di paesaggio


Possiamo dire che l’arte, ogni tipo di arte (pittorica, fotografica, poetica, ecc..), rinnovando la visione del mondo e rinnovando l’idea di paesaggio, è già quindi un progetto di paesaggio?


Il lavoro dei nati (ndr, Ai nati oggi) è anche un paesaggio, è una rete. In una piazza si accende un lampione, allora tu capisci che c’è una rete di relazioni che riguarda la vita e questo ha una capacità di penetrare nel paesaggio mentale delle persone. E anche se in quella piazza non si accende una lampadina, c’è una grande didascalia, che è un dispositivo attivatore dell’opera, che fa capire che quando si accende una luce è nato un bambino. Allora vedi che quando in quel luogo la lampadina è spenta è un luogo di attesa, che parla un linguaggio che tutti possono capire. Perché io voglio che le persone capiscano l’operazione, non l’opera d’arte. Però se uno capisce l’operazione, se vuole può fare un approfondimento. Quindi questo tocca la sensibilità del cittadino e dall’altra parte fa un’operazione critica di questi sistemi.

giovedì 16 giugno 2016

Marco Scotini_estratto intervista


Il segno: il tratto dell’artista nel paesaggio



In breve, alla fine di questa intervista, se dovessi dire in poche parole o trasmettere in maniera immediata che cos’è il paesaggio, per l’uomo e per l’artista, così da trasmetterne la sua importanza, cosa proporresti?

In questo momento non è un caso che spesso siamo molto più attratti da forme di artisticità invisibile, non perché non sono un lavoro, ma perché ti aspettavi che il risultato fosse visibile e invece non lo è, perché operano dentro altri canali, dentro altri settori. Parimenti per il paesaggista intervenire dentro questo ecosistema, in cui ho l’animale, la pianta, la tecnologia, significa intervenire in un’altra situazione, con una modalità che chiaramente si sottrae immediatamente all’operazione del paesaggista com’è ora, che dà una forma, che si preoccupa della forma. Non a caso tutto il pathos del moderno è stato veramente la vertigine della forma, il formalismo, questa cosa per cui si cercavano i macro segni, la macro forma, poi ora abbiamo imparato che operare realmente è anche operare dentro a procedure non visibili, di invisibilità. Questo è quello che stanno facendo tanti immigrati nella realtà contemporanea, che da un certo punto di vista sono assolutamente invisibili mentre operano e producono.

martedì 7 giugno 2016

Mario Airò_estratto intervista

L’identità: il rapporto dell’artista col paesaggio



Che tipo di paesaggio vedi oggi in rapporto alle tue esperienze? Un paesaggio naturale, incontaminato, distrutto, degradato?

Il paesaggio è stato rovinato moltissimo. I concetti di urbanistica che abbiamo secondo me sono terrificanti: il dividere i posti, come le abitazioni dai posti di lavoro, il creare delle aree esclusive per l’accesso dei tir, come quando ho abitato in Toscana e i fondovalle sono stati devastati perché erano gli unici posti dove facevano passare i camion. Una volta tutte le nostre abitazioni erano case bottega, la piccola impresa a pianoterra aveva il locale artigianale e al piano di sopra aveva le unità abitative. Il tessuto sociale era tutto coeso. Adesso abbiamo le aree dove lavorare da una parte, le case per vivere da un’altra, i centri sono diventati solo uffici e luoghi del terziario. Questo modo di orchestrare la civiltà e organizzare di conseguenza il paesaggio è frutto di una politica estremamente miope, di una cultura che non ha un orizzonte.

mercoledì 1 giugno 2016

Ugo La Pietra_estratto intervista

L’immagine: la rappresentazione del paesaggio nell’arte



La Land Art negli anni ’60 e ’70 riusciva, rifiutando i comuni mezzi di diffusione dell’arte quali l’immagine, a dare l’esperienza diretta della natura operando in essa? La natura per la Land Art era un mezzo e/o un fine?

La Land Art è un discorso più contemplativo, è più un segno all’interno della natura, nel tentativo comunque di ritrovare questo rapporto. L’idea di costruire uno spazio come quello che, anche recentemente o per lo meno un tempo, si chiamava parco urbano ed extraurbano, è però un percorso che io rivendico come non molto frequentato, soprattutto in Italia. E devo dire che anche lo stesso artista in genere non ha un’attitudine in questo senso. Gli artisti, quando escono dallo spazio istituzionale come la galleria o il museo, entrano sì in una dimensione extra spazio istituzionale, però per collocare solitamente all’esterno le proprie opere più grandi, più importanti, ma portando comunque se stessi, portando solo il proprio monumento. L’artista quindi non è quello che si pone nella posizione di colui che in qualche modo trasforma, migliora, caratterizza lo spazio.

giovedì 19 maggio 2016

Tiziana Tacconi_estratto intervista

L’intervento: l’arte in favore del paesaggio



Possiamo dire che l’arte, ogni tipo di arte (pittorica, fotografica, poetica, ecc..), rinnovando la visione del mondo e rinnovando l’idea di paesaggio, è già quindi un progetto di paesaggio?


Attualmente io credo che l’arte, rinnovando la visione attraverso i linguaggi fotografici e questo genere di cose, non sta facendo niente. Io credo che oggi l’arte debba entrare direttamente in rapporto con la natura. Cioè bisogna mettere i piedi nella terra, le mani, il corpo. Sono stanca di rappresentazioni, di racconti a distanza. In una società che va sempre di più verso la sottrazione del corpo, perché è una società che sta andando nella direzione del virtuale, Io credo che la nostra arte terapeutica debba invece mettere il corpo dentro la materia, in contatto con la materia.

venerdì 13 maggio 2016

Michelangelo Pistoletto_estratto intervista


 

L’intervento: l’arte come strumento politico per il paesaggio



Artisti, poeti, come anche studiosi, possono risolverne il distacco se coinvolti nelle politiche territoriali? In che modo?


Bisogna cambiare il concetto di politica, farglielo trovare alla società già pronto, ma non attraverso la politica.

[…]

La democrazia deve essere fatta dal popolo, e la chiamiamo “demopraxia”, non più democrazia, perché demo-praxia vuol dire demo-pratica, mentre craxia vuol dire potere. Il potere del popolo abbiamo visto che non funziona, il popolo non può esercitare potere, perché è sempre qualcuno che prende il potere per il popolo. Invece la praxia, la pratica, può e deve essere esercitata dal popolo.

[…]

Io come artista parto dall’autonomia dell’artista, infatti non abbiamo mai fatto niente perché ce l’ha chiesto o la regione o il comune o la banca, abbiamo sempre fatto quello che volevamo noi. Semmai devono cambiare loro, noi vogliamo cambiare loro. Se l’arte non cambia il mondo, il mondo cambia l’arte, e così perde la sua autonomia e la sua responsabilità. L’arte ha questo compito, hai il compito di portare alla responsabilità la massima autonomia che ha acquisito nel XX secolo.

venerdì 6 maggio 2016

Matteo Cremonesi_estratto intervista

Il sentimento: l’esperienza dell’artista nel paesaggio



Il paesaggio è anche un’esperienza di ordine emotivo: quali esperienze emotive hanno contribuito alla tua visione del paesaggio? Come il tuo vissuto ha influito sulla percezione del paesaggio?

Se la natura è interessante lo è secondo me per la sua capacità di unire, di creare incontri imprevedibili che, essendo regolati da un’istintualità, da una necessità, abbiano ancora la possibilità di sorprenderti. Ci sono un sacco di momenti nella vita di ogni persona in cui l’incontro con il naturale corrisponde ad un momento introspettivo. La natura e la sessualità sono due argomenti all’interno dell’esperienza umana che hanno un carattere sovversivo sempre; non decidi la natura e non decidi la sessualità, non decidi cosa succede e cosa provi. Il panico, la paura, l’istinto, il senso del pericolo, l’affetto, il senso di bellezza, il senso di meraviglia, la vertigine, l’estasi, tutto lo spettro intero delle reazioni, delle sensazioni umane sono messe in gioco nella sessualità e di fronte alla natura. Là dove la sessualità viene disciplinata, non diventa più interessante. In questa maniera penso si debba fare qualcosa, cioè mantenere lo spettro ampio. Secondo me l’uso politico che viene fatto della sessualità e della natura si assomigliano molto. Sono dei racconti controllati.

mercoledì 27 aprile 2016

Piero Giladi_estratto intervista

L’intervento: l’azione dell’arte nel paesaggio



Artisti, poeti, come anche studiosi, possono risolverne il distacco se coinvolti nelle politiche territoriali? In che modo?


Gli artisti ecologici, gli artisti della bioarte, fanno veramente della politica, o meglio biopolitica, e i loro riferimenti sono i movimenti ecologisti nelle loro diverse articolazioni. Per realizzare dei progetti riescono in qualche caso ad avere l’appoggio politico. L’artista deve dialogare con una comunità, con una formazione di cittadini che fa una militanza ecologica. La militanza ecologica oggi ha due facce. Una è la protesta e il conflitto contro le cause più varie dell’inquinamento, l’altra è quella di costruzione di un’alternativa, cioè di un modello in rapporto con la natura alternativo, tipo quello di fare un orto urbano tutto biologico. Gli artisti fanno riferimento a questi movimenti. Non so come sia in Germania, se il partito dei Grünen abbia ancora forza, però la situazione generale è che i partiti hanno perso la capacità di rappresentare le masse, invece sono i movimenti che portano avanti le istanze. Quindi gli artisti si appoggiano ai movimenti e sono molto rari gli artisti che rifiutano la definizione di militante, sono rarissimi, nel nostro ambito culturale.

lunedì 21 marzo 2016

Luca Pancrazzi_estratto intervista

L’ambiente: il paesaggio naturale nell’arte



Oggi che rapporto hai con la natura?

Come diceva Alighiero Boetti, La natura è una faccenda ottusa. Un gruppo di termiti che fanno castelli di due tre metri, in quanto animali organizzati, non possono essere paragonati a chi artificializza il paesaggio? Anche l’uomo fa parte della natura e dell’ambiente, se ha inventato il cemento per costruire i palazzi piuttosto che la malta fatta con la saliva e la sabbia come usano le termiti. Quindi questa distinzione tra naturale e artificiale non la farei per niente.

venerdì 11 marzo 2016

Orio Vergani_estratto intervista

La prospettiva: la percezione del paesaggio per l’artista



Oggi, ricercando un luogo con Google Maps, il satellite impone il suo punto di vista e indebolisce lo sguardo frontale tradizionale dell’homo herectus. Tutti questi modi di vedere il paesaggio, di interpretare il mondo, come stanno influenzando la comprensione del paesaggio nell’opera artistica Quali contributi, vantaggiosi o meno, porta questa complessità percettiva nell’arte in favore del paesaggio?

Peter Fend sicuramente ha lavorato con la vista satellitare ancora prima che ci fosse Google Earth, ma la cosa interessante è che questa tua domanda mi fa venire in mente che adesso avremo un ulteriore passaggio, un ulteriore complicazione, perché in questo momento viviamo in due paesaggi possibili, la realtà e la virtualità, e anzi piano piano la virtualità si va a sovrapporre completamente alla realtà.

mercoledì 2 marzo 2016

Francesco Poli_estratto intervista

La storia: la visione culturale del paesaggio per l’artista



Le leggi a tutela del paesaggio sono passate da una visione puramente estetica, a una fortemente ambientale infine ad una visione integrale e identitaria dove tutto il paesaggio è degno di nota. Quali di questi aspetti culturali rivedi nell’arte contemporanea?

Non ci si occupa più solo del paesaggio naturale in termini della sua bellezza, perché in realtà poi a ben vedere tutto può essere bello, anzi quello che è naturale è bello, ma invece ci si occupa del tema intorno alle possibili apocalissi a livello mondiale o a temi molto più limitati che arrivano persino alla rivalutazione dell’attenzione per quello che è Il Terzo Paesaggio, come lo chiama Gilles Clément. Questo terzo paesaggio non è stato inventato, ma significa tutte le forme di natura che nascono negli Interstizi dei processi di costruzione artificiale umana. Un tema affascinante che ha sempre attratto molti fotografi, ma ci sono anche pittori e artisti che lo hanno sempre rappresentato e ci sono anche interventi di artisti all’interno di questo contesto urbano ecologicamente più degradato. Si cercano di evidenziare questi aspetti marginali che hanno naturalmente anche un significato metaforico, perché addirittura rinasce la natura lì dove era soffocata, e questo è un far riflettere su come l’energia della terra, dunque della natura, alla fine è qualcosa che rinasce sempre.

venerdì 29 gennaio 2016

LaPlace

CONCORSO GIARDINO PINCHERLE

2° classificato



Salvatore Pincherle fu un matematico italiano, tra i primi a studiare in dettaglio la trasformata di Laplace. ”La place” in francese significa il posto, quindi la piazza.


Il Giardino Pincherle risulta quindi una piccola isola di verde, insieme a poche altre, nel mare edificato del centro storico.




Il ceppo dell’albero recentemente abbattuto ha ispirato il nostro progetto. Cosa avremmo potuto fare con i tronchi ricavati dall’abbattimento?
  • -  elementi decorativi e a funzione ecologica;
  • -  sedute e percorsi;
  • -  elementi ludici. 
Approcci progettuali
Riuso e riciclo - Sostenibilità - Risparmio risorse
Autosostentamento (autocostruzione, gestione condivisa e autofinanziamento)
Evoluzione per tappe
Identità, riconoscibilità e qualità del design e degli arredi
Accessibilità, permeabilità, fruibilità e aggregazione
Diversità e multifunzionalità
Valorizzazione patrimonio storico-culturale
Biodiversità - Giardino botanico